gerarchia

Carte del presidente Gaetano Cortesi , 1978 - 1981

Livello di descrizioneseries 4
Consistenzafascc. 20 (bb. 3)
storia istituzionale/biografiaGaetano Cortesi (1912-2001), varesino, si laureò in economia e commercio alla Università Bocconi di Milano, svolgendo poi attività di ricerca presso la London School of Economics, la Berlin Handelshochschule e la Yale University. Il suo primo incarico professionale fu quello di consulente degli Stabilimenti tessili italiani a Milano (azienda del gruppo IRI). Passò poi all'ufficio della Banca commerciale italiana a New York dove lavorò tra il 1937 e il 1945. In quell'anno entrò a far parte del prestigioso Servizio Ispettorato dell'IRI dove consolidò la sua esperienza in materia di controllo di gestione delle finanziarie e delle aziende del Gruppo. Dal 1957 al 1960 fu distaccato alla Finmeccanica, in qualità di direttore centrale preposto al settore meccanico.

Rientrato all'IRI come direttore centrale, gli fu affidato a metà del 1967 il compito di attuare la fusione dell'Ansaldo, dei Cantieri riuniti dell'Adriatico e della Navalmeccanica, costituendo l'Italcantieri di Trieste di cui fu presidente e amministratore delegato. Nel marzo 1971 lasciò l'Italcantieri per assumere l'incarico di amministratore delegato di Fincantieri.

Nel novembre 1974 fu nominato presidente e amministratore delegato dell'Alfa Romeo e dell'Alfasud. Si dimise clamorosamente dalle cariche nel giugno 1978 per protesta contro la condanna in primo grado per assunzioni irregolari all'Alfa di Pomigliano d'Arco nel 1976 (accusato con altri di non aver rispettato la procedura tramite ufficio di collocamento). Siamo negli anni del conflitto sindacale più duro e del costante declino delle aziende pubbliche in mano all'IRI. Questa vicenda si concluse tra il 1979, quando fu amnistiato in secondo grado, e il marzo 1981, allorché la Cassazione annullò definitivamente la condanna.

Il 22 luglio 1978 venne nominato commissario governativo della Cassa per il Mezzogiorno e il 4 agosto successivo presidente, carica che mantenne fino al gennaio 1981. Cortesi ha raccontato di aver messo in guardia il ministro per gli interventi straordinari per il Mezzogiorno, Ciriaco De Mita, che stava nominando un "pregiudicato", ma che il ministro non ritenne questo un elemento dirimente. Le modalità con cui Cortesi si insediò al vertice della Cassa sollevarono grandi polemiche politiche. Lo scioglimento del Consiglio di amministrazione presieduto da Alberto Servidio fu concordato tra il governo e i partiti che lo sostenevano (compreso il PCI). Ma i tredici giorni di commissariamento prima del ripristino delle procedure ordinarie con la nomina del nuovo (e ridotto di numero) Consiglio di amministrazione rappresentarono una sospensione del principio di collegialità: Cortesi adottò in quel lasso di tempo 197 delibere di grande importanza (emanò, tra l'altro, un nuovo regolamento di organizzazione interna) e, soprattutto, nominò il nuovo direttore generale, in sostituzione del veterano Francesco Coscia, nella persona di Girolamo Colavitti, di area democristiana, in quel momento direttore centrale di Confindustria addetto alle relazioni esterne e internazionali. Colavitti rimarrà in carica fino al maggio del 1984.

Cortesi ha rappresentato la svolta aziendalista nella storia della Cassa: un uomo intimamente legato alla storia dell'impresa pubblica italiana, arrivato con il compito di introdurre una organizzazione manageriale con livelli di responsabilità e produttività in un ente che si era involuto come entità parastatale, specie dopo l'approvazione del regolamento del personale del 1965. Sarà proprio l'elefantiasi del personale, prodotta anche dall'arrivo nel 1977 dei 400 impiegati degli enti soppressi, uno degli ostacoli principali all'azione di Cortesi, nonostante le energie dedicate alla riforma dei regolamenti e dell'organizzazione che occupò l'intero periodo 1978-1980.

In un discorso tenuto a un convegno organizzato a Napoli dalla SVIMEZ nell'aprile 1979, a dieci mesi dall'insediamento (e conservato fra le carte qui inventariate, busta 2, fasc. 7) Cortesi riassume le sue opinioni sulla Cassa nell'ambito del sistema politico ed economico italiano. La critica centrale riguarda il fatto che nel corso degli anni la Cassa abbia perso autonomia e abbia avuto "una crescente esigenza di legittimità, tipica della Amministrazione pubblica". Questa "continua ricerca di una legittimità fine a se stessa e la mancanza di responsabilità specifiche a tutti i livelli" è la causa della bassa produttività: la Cassa spende il doppio di quanto dovrebbe per le opere che fa o le fa nel doppio del tempo necessario. Il potere politico "ritiene, ma erroneamente, che la Cassa possa fare tutto, una volta che sia stata fornita di dotazioni finanziarie", ma in realtà lo spirito originario di una amministrazione snella si è arenato sullo scoglio delle lentezze delle amministrazioni ordinarie con cui la Cassa lavora e di quelle dei quattromila enti concessionari che sono sottoposti alle procedure della pubblica amministrazione. Le deroghe alle procedure ordinarie, pur previste dalla legge 183 del 1976 per i progetti speciali e le infrastrutture industriali, non sono praticate nel timore di accuse di clientelismo o di interessi privati in atti d'ufficio. Il Consiglio di amministrazione diventa pertanto un organismo formalista e predilige "la legittimità astratta della aggiudicazione" sull'affidamento alla ditta "più competitiva e affidabile": "sono meccanismi che trovano poco riscontro nel mondo aziendale".

Cortesi diresse la Cassa nella fase che doveva essere conclusiva (la scadenza era fissata al 31 dicembre 1980) con il trasferimento degli interventi all'Amministrazione ordinaria e alle Regioni, ma gestì in ogni modo, insieme al potente direttore generale Colavitti, cifre cospicue di denaro pubblico. Quando la Cassa entrò nel periodo delle molteplici proroghe di breve periodo, Cortesi fu rimosso a favore di Massimo Perotti, allora direttore generale dell'ANAS, legato al ceto politico socialista di governo negli anni del rinnovato centrosinistra.

Nella parte finale della sua carriera di manager pubblico Gaetano Cortesi fu presidente della Franco Tosi Meccanica dal 1983 al 1990, quando anche questa azienda fu assorbita nel gruppo IRI. Fu altresì nei consigli di amministrazione della Italmobiliare della famiglia Pesenti, della RAS e della Bastogi.

Nel 1998 fu assolto in primo grado per prescrizione nel processo sulle tangenti ENEL che coinvolse i principali partiti politici italiani.

[a cura di L. Musci]
DescrizioneLe carte Cortesi consistono in due "raccoglitori riservati al Sig. Presidente", rispettivamente denominati "Argomenti del personale" e "Argomenti operativi", oltre a un gruppo di fascicoli intestati a persone (interessamenti) e a pochi fascicoli spuri. In particolare il primo raccoglitore riguarda il processo di ristrutturazione della Cassa: l'organizzazione funzionale in attuazione all'art. 5 della legge 183/1976 venne approvata dal Consiglio di amministrazione il 19 gen. 1978, poi integrata con modifiche (in particolare con la delibera 144 del commissario straordinario Cortesi, 1 ago. 1978); il Regolamento generale di organizzazione e funzionamento (RGOF) venne approvato dal Consiglio il 14 feb. 1979 (questo RGOF stralcia dal precedente tutti gli articoli relativi all'ordinamento del personale che saranno oggetto di separata elaborazione). Ma Cortesi ritenne insufficiente questo approdo soprattutto per la sovrapposizione tra strutture di ripartizione e strutture autonome di divisione (si veda in particolare busta 1, fasc. 1, doc. 9). Il nuovo regolamento del personale ("caposaldi") fu approvato dal Consiglio il 23 mag. 1979 con decorrenza 1 giu. 1979.
[a cura di L. Musci]
ordinamento e strutturaLa descrizione scende al livello del singolo documento per i fascicoli i cui documenti portano una segnatura originaria e una distinta analitica sulla coperta, spia della loro rilevanza e, probabilmente, della frequente consultazione cui erano sottoposti.
strumenti archivisticiInventario a cura di Leonardo Musci.
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